L'Adda: Fiume di Energia, Forza Motrice della Lombardia Industriale e Sociale
Benvenuti a questa nuova puntata… oggi vi porto a fare un viaggio un po’ particolare, lungo le rive di un fiume che scorre nel cuore della Lombardia e che, fidatevi, ha molto più da raccontare di quanto possiate immaginare.
Sto parlando dell’Adda, e più precisamente del suo tratto medio… quello che va più o meno da Brivio fino a Trezzo sull’Adda.
Ma non sarà un documentario pieno di date e nozioni da enciclopedia. No no.
Sarà un viaggio fatto di storie, di dettagli curiosi, di tecnologia, natura, e un pizzico di nostalgia industriale.
Una camminata ideale tra dighe, centrali elettriche, vecchi ponti, e sentieri dove il tempo sembra essersi fermato… ma dove in realtà, sotto la superficie, scorre ancora un'energia potentissima.
Immaginatevi la scena: zaino in spalla, scarponi comodi, una giornata luminosa, non troppo calda. Siamo a Brivio, un piccolo borgo dove l’Adda inizia a cambiare ritmo.
Qui il fiume esce dalla Brianza, da quella zona pianeggiante un po’ placida, e comincia a incanalarsi in un paesaggio più movimentato, più selvatico. È il punto in cui si sente che sta succedendo qualcosa.
Camminando lungo il sentiero che costeggia il fiume, iniziano a comparire segni di un passato che ha lasciato tracce profonde.
Vecchi opifici, centrali dismesse, e poi quelle ancora in attività… le centrali idroelettriche Edison, per esempio, sono come templi industriali immersi nella natura.
E proprio in uno di questi luoghi, ho avuto la fortuna di incontrare e chiacchierare con un ingegnere Edison. Uno di quelli che conoscono il fiume come le proprie tasche, ma che ti parla delle turbine come se ti stesse raccontando una favola.
“Vedi,” mi dice, indicando una struttura che si affaccia sull’acqua, “questa è una centrale a filo d’acqua. Non c’è un grande bacino a monte, non c’è invaso. Il fiume entra, la turbina gira, e l’acqua esce. Semplice. Pulito. Continuo.”
E mentre lui parla, io guardo quell’acqua che scorre veloce, e penso a quanto sia perfetta quella simbiosi tra uomo e natura. Non è solo tecnologia. È un modo diverso di usare la forza del fiume, rispettandone i tempi, i cicli, la voce.
La cosa affascinante è che l’Adda non è solo un fiume "tecnico", è anche profondamente storico e culturale.
Avete presente Leonardo da Vinci? Ecco, lui qui ci ha passato un bel po’ di tempo, osservando, studiando, prendendo appunti. Alcuni dicono che certi suoi disegni di macchine idrauliche siano ispirati proprio a questi paesaggi. E sapete? Quando cammini lungo le passerelle di legno, tra alberi piegati dal vento e strutture in pietra ancora in piedi dopo un secolo, riesci quasi a vederlo. Leonardo. Con il suo taccuino, perso nei suoi pensieri.
E non parliamo solo di storia antica. No.
Nel Novecento, questa zona è stata una delle culle dell’industrializzazione lombarda. Le centrali Edison, le filande, i cotonifici.
La valle dell’Adda era un corridoio di energia, lavoro e innovazione. Ma anche di sacrifici, di vite intere dedicate alla fatica, alla speranza di un futuro migliore.
Poi il tempo è cambiato.
Molti impianti sono stati dismessi. Le persone si sono spostate, l’industria ha cercato altri luoghi.
Ma il fiume è rimasto lì. A ricordare. A dare ancora energia, anche se in modo diverso, più sostenibile.
E oggi, grazie a progetti di recupero e valorizzazione, possiamo vivere questi luoghi in un modo nuovo.
Pensate al villaggio operaio di Crespi d’Adda, Patrimonio dell’Umanità. Una città ideale per i lavoratori, con case, scuola, chiesa, persino il teatro. Tutto pensato perché la vita non fosse solo lavoro, ma anche dignità.
Ora, mentre vi parlo, forse siete in auto, o state cucinando, o magari siete su un tapis roulant in palestra.
Ma io vi invito a chiudere gli occhi per un momento – se potete, eh! – e immaginare di essere lì.
Sulla passerella di legno che collega Trezzo e Capriate, mentre il fiume scorre veloce sotto i piedi.
Il rumore dell’acqua che batte sulle rocce. Le rondini che sfrecciano sopra la vostra testa. Il profumo di umidità e foglie.
E poi, quel silenzio strano che trovi solo nei posti dove l’uomo ha costruito, sì… ma in armonia con la natura.
È un posto che ti fa respirare più lento.
Ecco perché questo tratto del fiume Adda è così speciale.
Perché non è solo un fiume. È una memoria fluida, un racconto continuo di come possiamo vivere in modo più consapevole, più equilibrato.
E anche se la tecnologia è cambiata, e oggi l’energia arriva anche da fonti digitali, l’Adda ci ricorda che tutto parte da lì: da un flusso, da una spinta, da un’idea.
Se vi è piaciuto questo viaggio, non dimenticate di seguirci per altri episodi.
Nel prossimo, potremmo esplorare un altro tratto del fiume… oppure scoprire le storie nascoste dietro a vecchi edifici industriali.
Intanto, se vi capita, andate davvero a fare un giro da quelle parti. Lasciatevi portare dalla corrente. Ma con calma.
Io sono [TUO NOME], grazie per aver camminato con me lungo l’Adda.
E adesso, se vi va, vi porto a camminare con me.
O meglio, con noi. Perché in questa parte del viaggio lungo l’Adda, c’è un compagno speciale: Giuseppe, ingegnere in pensione, con più di trent’anni passati a lavorare nelle centrali Edison.
Siamo a Vaprio d’Adda, poco oltre il punto dove il Naviglio Martesana prende l’acqua dal fiume. È mattina presto, e la luce filtra tra gli alberi della riva.
“Vedi laggiù?” mi dice Giuseppe indicandomi un edificio elegante, affacciato sull’acqua. “Quella è la centrale Semenza, costruita nel 1906. Un vero gioiello dell’epoca pionieristica. È ancora in funzione oggi, e sfrutta un salto creato da una diga che regola proprio il livello dell’acqua del Naviglio.”
Camminiamo piano, costeggiando il fiume. Giuseppe parla, e io ascolto.
“Qui l’Adda è tutto. Energia, lavoro, storia. E poco più avanti, sulla riva opposta, c’è Crespi d’Adda.”
Il villaggio operaio, patrimonio dell’umanità UNESCO, ci appare in lontananza come un miraggio ordinato: case, filanda, chiesa, cimitero.
“Era una comunità autosufficiente,” racconta Giuseppe, “costruita da Cristoforo Benigno Crespi per i suoi operai. E aveva la sua centrale idroelettrica, ancora lì, a fianco dell’opificio. Piccola ma potente. Serviva solo la fabbrica. Niente rete elettrica: l’energia restava tutta dentro il villaggio.”
Attraversiamo il ponte di Canonica per tornare sul lato destro del fiume. Poco più avanti compare, imponente, la centrale Bertini.
“Qui siamo nel 1898,” dice Giuseppe con un sorriso pieno di rispetto. “Questa centrale ha fatto la storia. È la prima centrale idroelettrica ad aver portato energia elettrica a Milano. Trenta chilometri di linee, una follia per l’epoca.”
L’edificio è grandioso, con colonne e decorazioni neorinascimentali. Dentro, ancora oggi, le turbine sono in funzione.
“È un tempio della modernità,” dice Giuseppe, e per un attimo restiamo in silenzio.
Proseguiamo lungo l’alzaia, e poco dopo arriviamo alla centrale Esterle, costruita nel 1914.
“Questa l’ha progettata Egidio Esterle, lo stesso che poi ha dato il nome alla centrale. È più raffinata della Bertini. Le sue turbine Francis lavorano in coppia, coordinate come un’orchestra.”
Il fiume qui si allarga leggermente, scorre profondo e denso, come se sapesse quanto peso porta nella sua corrente.
Ed ecco che, nascosta tra rocce e vegetazione, emerge la centrale Taccani di Trezzo sull’Adda, accanto alle rovine del castello visconteo.
“Questa è la più scenografica,” commenta Giuseppe. “Sembra uscita da un sogno gotico. Fu inaugurata nel 1906. Niente diga, prende l’acqua direttamente dal fiume, sfruttando la morfologia naturale del sito.”
Progettata da Gaetano Moretti, fonde ingegneria e arte. L’edificio, realizzato in pietra a vista, si fonde col paesaggio e col castello medievale, come se fosse lì da sempre.
Lasciamo Trezzo alle spalle e ci incamminiamo verso nord. La vegetazione si fa più fitta, le curve del fiume si stringono. Siamo ormai nel cuore del Parco Adda Nord.
“Guarda lì, sulla sponda opposta: centrale Italgen di Porto d’Adda. È più recente, modernista, ma sempre legata alla tradizione.”
Camminiamo ancora. Attraversiamo Paderno d’Adda, con il suo ponte in ferro e il salto naturale del fiume, e ci fermiamo per guardare la centrale Robbiate.
“Robbiate ha una peculiarità,” racconta Giuseppe. “Serve il canale industriale, ed è collegata a una rete di gallerie che portano l’acqua più a monte. È un sistema complesso, ingegneria di precisione.”
Più avanti, superata Brivio, vediamo da lontano un’altra struttura: la centrale di Calolziocorte.
“Qui siamo già nel tratto dove l’Adda inizia a rallentare. Prima di entrare nel Lario. Ma anche qui, l’energia è stata raccolta e trasformata, grazie a impianti modernizzati negli anni ‘50.”
Infine, Lecco. La città abbracciata dal lago e dalle montagne. Il fiume Adda si getta nel lago di Como, e sembra prendersi una pausa.
Giuseppe si ferma. Guarda l’acqua. E dice:
“Abbiamo seguito l’energia dell’Adda. L’abbiamo vista nascere, correre, trasformarsi. Ma non si è mai fermata. Come la storia. Come l’ingegno.”
E così termina il nostro viaggio, da Vaprio a Lecco.
Ogni centrale, un capitolo. Ogni turbina, una pagina scritta col rumore dell’acqua.
Un fiume che ha dato luce, lavoro, futuro.
Un fiume che continua a scorrere, e con lui – se lo ascolti bene – scorre anche la voce della nostra storia.
Alla prossima puntata.